Faber Navalis: preservare l'arte e la tradizione
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Ci sono persone che entrano in sintonia con il fare dell’umanità espresso nelle modalità più semplici e primordiali, coerentemente con l’homo faber, base di tutte le civiltà, ovunque si realizzino.
Lo specifico settore delle vie d’acqua, e la loro atavica funzionalità di connessione tra i popoli, hanno da sempre costituito stimolo alla creatività umana applicata alla soluzione del navigare, pratica strettamente connessa con il conoscere ed il comunicare.
Il tronco scavato, i drakkar vichinghi, le canoe indiane, le gondole veneziane e tutte le molteplici imbarcazioni, più o meno complesse, che hanno consentito all’uomo di diffondere i propri geni, il proprio sapere, le proprie merci, hanno avuto bisogno di tecniche specifiche di costruzione riassunte nelle mani e negli attrezzi di uomini capaci di realizzare nel legno “strumenti di navigazione” affidabili e veloci.
Maurizio Borriello
Il Faber Navalis, definizione antica, del maestro d’ascia riassume ancora oggi queste conoscenze capaci di suscitare fascino ed ammirazione. Tra i non molti che ancora oggi praticano questa nobile arte ci interessa segnalare Maurizio Borriello, maestro che per percorso formativo e variegate esperienze è in grado di aggiunge a tale attività quella valenza etnografica e di ricerca culturale che costituisce presupposto di successo nella trasmissione di un insostituibile sapere verso un mondo tecnologico sempre più distante dalla natura umana.
Maurizio, inizia giovanissimo un percorso di esperienze che lo porterà ad approfondire quel legame tra uomo e mare dove le imbarcazioni assolvono un ruolo di sinergica mediazione tra due elementi solo in apparenza inconciliabili, e che lo vedrà studiare le popolazioni nomadi del mare di Vezo nel canale del Monzambico, le comunità costiere delle Molucche, meridionali, le popolazioni di lingua swahili dell’oceano indiano e del lago Vittoria e le popolazioni del Gange a Benares.
Dopo la laurea in “Lingue e Civiltà dell’Oceano Indiano” (2001) che lo porterà a padroneggiare lingue come l’indonesiano, lo swahili e l’hindi, lascia di nuovo Napoli sua città natale e continua il percorso di formazione e crescita che lo vedrà insegnare all’Università di Jakarta e svolgere studi di etnografia marittima entrando in contatto con le popolazioni locali delle isole Sulawesi, Kalimatan e Sumatra, apprendendone i saperi anche attraverso un lungo periodo di apprendistato artigianale, che lo aiuterà a risolvere quel vuoto costituito dalla mancanza di conoscenza intangibile e simbolica che é alla base di quel “sensibile costruire” spontaneo e naturale tipico dei maestri locali.
Continua a viaggiare in tutta l’area dell’est asiatico e dell’India meridionale, lavorando come volontario nei progetti di ricostruzione e restauro delle imbarcazioni locali sopravvissute allo tsunami del 26 dicembre 2004. In quel periodo progetta e realizza un prototipo di imbarcazione da pesca nelle isole Andamane. Poi, spinto sempre da una insopprimibile voglia di arricchire le proprie conoscenze, si sposta sul Mar Nero dove continua le sue ricerche sulle competenze tecniche dei maestri d’ascia locali. Successivamente, e grazie ad una borsa di studio triennale, si specializza in progettazione, costruzione e restauro di imbarcazioni lignee presso una scuola finlandese (Istituto Koulutuskeskus Salpaus – Lahti).
Poi si trasferisce in Norvegia, presso locali Musei Marittimi ( Kristiansad, Hardager, e Gratangen) dove al lavoro di preservazione dei saperi tecnologici nautici affianca un lavoro di sviluppo di tecnologie nautiche “appropriate”, adatte ad aree geografiche sottosviluppate, non perdendo, così, di vista le esigenze socio economiche ed ambientali di tali popolazioni che nell’utilizzo razionale delle vie d’acqua locali possono attivare uno strumento di riscatto che migliori le loro condizioni di vita.
Intorno a questi temi, Maurizio, ha realizzato in qualità di esperto film-maker, un cortometraggio con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e suscitare una discussione che abbia per fine la responsabile condivisione dell’importanza di preservare questi tradizionali saperi marinari, sia in un contesto globale che in quello più specificatamente italiano.
Fabrizio Fattori
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