Bulbo in ghisa: trattamento per eliminazione definitiva della ruggine
di Leonardo Massabò
di Leonardo Massabò
In un manufatto in ghisa, possiamo trovare diversi tipi di porosità:
• visibili ad occhio nudo e quindi difficilmente sigillabili con la tecnica dell'impregnazione, in molti casi sono l'indice di un difetto strutturale del pezzo
• porosità di poche decine di micron, dette normalmente "microporosità", difficilmente visibili a occhio nudo e perfettamente sigillabili con l'impregnazione
Come si può vedere dai disegni sono divisibili in tre: chiuse, cieche e passanti
Porosità CHIUSA
Non è accessibile all'iniezione di resine per cui non può essere trattata con impregnazione, non può dar luogo a perdite di fluidi e di gas.
Non presenta controindicazioni ai trattamenti galvanici e di verniciatura.
E' possibile farla affiorare in superficie con lavorazioni meccaniche del pezzo, trasformandola in una porosità cieca.
Questo è il motivo per cui è buona norma impregnare dopo le lavorazioni meccaniche.
Porosità CIECA
Nasce dalla superficie e può avere forma delle più svariate.
Costituisce un ricettacolo per aria, acqua, fluidi di trattamento, olio da taglio.
In fase di verniciatura se la vernice viene cotta, vi è un elevato rischio di formazione di bolle nel rivestimento, ciò perché si verifica la dilatazione dell'aria.
Nei trattamenti galvanici le porosità si riempiono del liquido dei bagni che poi riaffiora dopo la lavorazione intaccando e corrodendo il metallo base e il rivestimento.
Porosità PASSANTE
E' quella che genera la maggior quantità di danni
Il problema può essere risolto con le tecniche d'impregnazione
I risultati delle porosità, sui bulbi di uno scafo a vela, sono quelli che potete vedere di seguito
E' possibile risolvere in modo definitivo questo problema?
Il problema può essere risolto non in maniera definitiva, ma SICURAMENTE si possono effettuare dei cicli protettivi che permettono MOLTI ANNI di TRANQUILLITA' in assenza assoluta di problemi come evidenziati dalle foto
Il ciclo che faccio eseguire è il seguente:
- sabbiatura da effettuarsi con graniglia metallica e successivamente garnet, onde arrivare fin nelle più piccole porosità della ghisa
- soffiatura con aria e lavaggio a spruzzo con acetone per eliminare ogni traccia di polvere
- asciugatura con aria calda, onde permettere l'evaporazione di quanto può essere contenuto nelle porosità della ghisa; questa è un'operazione fondamentale, per un perfetto risultato finale
- applicazione di prodotto passivante della superficie, che permette un perfetto aggrappaggio dei cicli anticorrosione e impedisce per alcuni giorni la formazione di ruggine dopo il lavaggio
- applicazione di primer epossidico bicomponente con TECNICA DEL VUOTO, per permettere che la stessa penetri nelle porosità; poi tre o cinque mani di resina epossidica bicomponente, con ciclo bagnato su bagnato
- antivegetativa finale
Perché il ciclo bagnato su bagnato nell'applicazione della resina epossidica?
Quando le mani di resina si applicano senza che quella precedente sia stata carteggiata, cioè ancora appiccicosa al tatto, l'unione è chimica e non meccanica, come avviene quando una mano la si lascia seccare e poi prima della successiva la si carteggia.
L'unione chimica è quella che fornisce le maggiori garanzia di durata
Leonardo Massabò
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