''La Isabela'' il primo insediamento di Cristoforo Colombo
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Toccare terra dopo mesi di incerta navigazione deve essere stato un gran sollievo per Colombo ed il suo turbolento equipaggio.
Dopo rapidi sbarchi su San Salvador e Cuba, l’approdo definitivo su Hispaniola (oggi Repubblica Domenicana/Haiti) rassicurò sull’esito del viaggio: c’erano terre ad occidente, ma non l’india come ipotizzato, idea fissa fino alla sua morte.
Venne costruito un fortino con i legni e le attrezzature del “Santa Maria” naufragata nelle acque antistanti l’isola e venne chiamato “La Navidad”. 39 marinai rimasero a presidiarlo ma nel giro di un anno questo primo precario insediamento scomparve e nessuno venne ritrovato in vita a causa di malattie e dei primi sanguinosi contrasti con i nativi “Taino”.
La Isabela, Luperón, República Dominicana
Nel secondo viaggio di Colombo (1493), forte di ben diciassette navi e qualche centinaia di uomini, si decise di dar vita ad una vera e propria colonia: La Isabela in onore della regina spagnola che aveva dato fiducia ai progetti dell’ammiraglio. L’insediamento iniziale aveva un’estensione di due ettari, era in prossimità di un fiume, protetto da un promontorio e si configurò come un vero villaggio dove a case, un grande magazzino, un ospedale e una chiesa e l’inevitabile opportuno cimitero, si affiancarono luoghi di allevamento e coltura di quanto importato dall’Europa.
I rapporti con i “Taino”, si deteriorarono presto a causa di quello che divenne una costante di tutta la “civilizzazione” del continente americano: la brutalità e la riduzione in schiavitù. A questo si unì la forte esposizione ad eventi naturali come gli uragani, la violenza dei quali era del tutto nuova ai colonizzatori.
La scarsità di oro ritrovato all’interno dell’isola oltre ad un incendio, alle malattie e alla scarsità di cibo fecero il resto al punto che “La Isabela” venne abbandonata dopo solo pochi anni (1498). L’eredità lasciata alle popolazioni locali fu disastrosa: i “Taino” scomparvero per malattia nel giro di una generazione. Residui genetici permangono, oggi nelle popolazioni locali insieme a geni europei ed africani.
Cimitero coloniale nel Parco Storico e Archeologico de La Isabela
Una lunga campagna di scavo condotta sulle sue rovine ha permesso di comprendere molto della realtà di quei primi anni di colonizzazione. Ad esempio sono state ritrovate notevoli quantità di mercurio, essenziale per la lavorazione dei minerali d’oro, testimonianza delle grandi aspettative, poi deluse, dei colonizzatori. Al punto che anche l’iniqua tassazione in oro imposta ai “Taino” diede scarsi risultati. I resti scheletrici furono ricondotti al tipo maschile europeo di età giovanile, (un solo scheletro femminile e pochi scheletri di origine africana sono stati ritrovati).
La casa riservata a Colombo era circondata da un muro protettivo a conferma che frequenti erano anche i contrasti tra coloni. Confermati dalle cronache, in termini di arresti ed esecuzioni, ed alcuni scheletri ritrovati con le mani legate dietro.
Tra i numerosi reperti venuti alla luce durante la ventennale campagna di scavo, risultano interessanti i numerosi contenitori in vetro di farmaci rivelatesi inutili per le nuove malattie, crocifissi di ogni dimensione, (evangelizzare è stata sempre la foglia di fico di ogni colonizzazione), residui di armi, palle di cannone e maglie di catene, forse le stesse che cinsero pochi anni dopo i polsi di Colombo accusato di eccessi dai suoi stessi compatrioti.
Fabrizio Fattori
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