E, all'improvviso, apparve Anafi
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
Leggenda vuole che gli Argonauti, partiti da Creta con rotta nord e finiti nel bel mezzo di una tempesta in una notte senza luna, allo stremo delle forze, chiesero aiuto al dio Apollo. "Ma guarda sta banda di sciamannati" pensò Apollo ma, al contempo, si mosse a compassione, pensò a quante peripezie affrontavano per recuperare quel Vello d'oro e decise di dar loro una mano.
Per cui, levato lo scudo al cielo, scoccò una freccia incandescente a illuminare una rotta sicura. E dall'oscurità emerse l'isola di Anafi. Gli Argonauti si salvarono e, per ringraziare Apollo, eressero un tempio a lui dedicato sull'alta montagna di Kalamos.
La costa sud di Anafi
Ora, il monte Kalamos. Non è che stiamo parlando di una collinetta o una scogliera a picco. Kalamos è niente-popo'-di-meno che lo sperone roccioso più imponente del Mediterraneo. Secondo, forse, solo a Gibilterra. Forse. Le fonti infatti non concordano, questo non perché la faccenda non sia risolvibile con semplici calcoli volumetrici, quanto - immagino - perché non so se sia giusto considerare Gibilterra come facente parte del Mediterraneo.
Mettiamo da parte Gibilterra e diamo quindi il record ad Anafi, perché se lo merita tutto.
Arriviamo a Anafi con rotta 180° dopo aver doppiato il capo Kalotari a Sud di Amorgòs. Non ci stupiscono le raffiche catabatiche che troviamo sottovento all'isola di Amorgòs e procediamo con decisa cautela, visto che abbiamo un'andatura a filo di poppa. È un'andatura a rischio di strambata, come si dice in gergo. In parole più semplici: avendo il vento perfettamente alle spalle si rischia che, per un lievissimo cambio di direzione o per il movimento creato dall'onda, il boma possa passare violentemente e velocemente sulle altre mura.
Un pericolo che, oltre a farti soprassedere dal mettere la tua testa sulla direttrice del boma, ti fa temere anche per lo stress che questa manovra involontaria farebbe subire alla barca. Giovanni resta al timone e il pilota automatico riposa, quindi.
Dalla Chora. sullo sfondo gli isolotti di Ftenia e Pachia
Conosciamo bene l'effetto catabatico del sottovento di quest'isola, dicevo, quel che ci stupisce è che esso termina all'altezza dell'isolotto di Anidro, ben 8 miglia a sud. Dopo questo scalo, la navigazione procede più tranquillamente e il vento si attesta sui 15-20 nodi.
Anche a noi, Anafi appare all'improvviso. Me ne innamoro all'istante.
L'anti-Santorini per eccellenza dista solo 12 miglia dalla sua sorella mondana. Ed è il suo opposto. Intoccata e intoccabile, Anafi resiste. Resiste a tutto, al turismo, alla speculazione edilizia, al rumore, al progresso. Niente wi fi ai bar del porto, niente molo per le barche in transito ma solo l'alta banchina per il traghetto.
Al bar del porticciolo di Agios Nicholaos
La costa sud è protetta dal vento dominante ma una notte su due arriva la risacca. Se c'è troppo vento e se ce n'è troppo poco. Il mare le gira intorno e ogni tanto arriva. È roba per pochi e pochi ne arrivano ad Anafi. In rada davanti al porto, risacca permettendo, si sta benissimo. L'isola più rocciosa che abbia mai visto, appena tocca l'acqua diventa sabbia d'oro e crea una striscia di mezzo miglio di fondale sui 10 metri. Abbondante sabbia per un ancoraggio perfetto.
Probabilmente, anche questo è opera di Apollo. I fondali di sabbia avrebbero aiutato i naufraghi ad approcciare l'isola senza rischi.
Outline di Anafi, costa sud. Così apparve agli Argonauti (con l'aggiunta del mare in tempesta)
Lo so che ve l'ho detto ogni volta. Ad ogni isola che ho toccato, vi ho detto "Ecco, questo è il paradiso del mondo, quello vero, laico, fatto di terra, mare, mani operose e facce gentili". Non vi stupirete quindi se lo dico di nuovo. Anafi per noi ha un valore speciale: è l'ultima isola nuova di questo viaggio, siamo a più di mille miglia da casa, eppure sulla nostra rotta ormai non c'è più nulla o quasi da scoprire, siamo già stati quasi ovunque.
Ma non è solo questo. Anafi ha un gusto speciale. Questo incontro di roccia dura, impenetrabile e di sabbia morbida e abbondante. Sa di origini della terra, sa di selvatico e di fertile, sa di mondo in divenire e allo stesso tempo immobile dalla notte dei tempi.
La Chora di Anafi
Ad Anafi, paradossalmente, il traghetto sembra meno necessario che in altre isole altrettanto remote. In 3 giorni che passiamo lì, arriva una volta sola, alle 11 di sera. Nessun trambusto a terra, non c'è autorità portuale sull'isola e gli ormeggiatori scendono dal traghetto stesso, fanno da soli.
L'isola resta silente. Una decina di persone sale, meno della metà scende. Il grande traghetto dell'Anek Lines è diretto a Santorini, poi al Pireo. Questa di Anafi è una tappa nel nulla. O così deve sembrare da bordo.
P'acá y p'allá in rada a Agia Anarghiri
Solo di recente, ad Anafi, è arrivata la strada. Una lunga e tortuosa striscia di asfalto che violenta il territorio, a tratti ne modifica addirittura il profilo. Ai piedi del massiccio di Kalamos, si nota il taglio sulla roccia, l'interruzione di un disegno perfetto. Ma, come sempre, c'è il rovescio della medaglia.
È grazie alla strada che Kostas e sua moglie possono andare al cimitero ogni giorno. Prendono l'autobus da Agios Nicholaos e salgono su alla Chora. E lì camminano affiancati, radenti il muro del cimitero e al riparo dal vento. Poi entrano e scompaiono. Tanto da farmi pensare che abitino qui e che la crisi degli alloggi abbia lanciato la nuova tendenza di abitare la casa che verrà. No, Kostas e sua moglie sono solo dentro la tomba di famiglia, cambiano l'incenso e i fiori e si fermano lì subito fuori, mano nella mano, a guardare il mare.
il cimitero di Anafi, alla Chora
La Chora di Anafi è bianca con tocchi d'azzurro, come sempre. Silenziosa come non mai. Ma viva. E vivace. Una fila di negozietti e ristoranti lungo la via principale. Ceniamo da Petrino, con vista su P'acá y p'allá all'ancora un paio di centinaia di metri più in basso.
I tramonti di Anafi sono speciali come tutti i tramonti nel remoto. Al largo, gli isolotti di Ftenia, dove andiamo a testare un ancoraggio nel mare interno tra loro. Ancor più a largo le due isole di Pachia e Makra, dove purtroppo non andiamo perché per 4 giorni su 7 (i nostri giorni) è zona di esercitazione militare. Cala la sera, il grande sperone roccioso di Kalamos fa da quinta alla luna piena e sembra si parlino in un idioma tutto speciale.
Kalamos e la luna piena
Anafi è. Semplicemente. Senza la pretesa di apparire, senza un programma da seguire. Quando parti, non accenna a seguirti, né insiste nel chiamarti indietro. Ti dice soltanto "Son qui, ti aspetto. Quando vuoi, puoi tornare". E son le isole a cui fai sempre ritorno.
Di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
Tratto dal blog di Francesca Carignani P'aca' y P'alla'
Francesca è autrice del libro: ROTTA VERSO L'EGEO Edizioni Il Frangente
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