Per quanto sia poco conosciuto questo aspetto, l’isola di Procida, che ha vissuto un importante sviluppo turistico negli ultimi vent’anni, legato anche ai tanti film che sono stati girati sull’isola a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, sulla scia di alcune pellicole memorabili degli anni precedenti, è stata una delle marinerie più importanti del Regno delle Due Sicilie e, successivamente, del Regno d’Italia e della Repubblica, anche se con una decadenza lenta e costante nella seconda parte del secolo scorso.
Una trattazione organica dell’argomento è stata realizzata nel 1997 da Sergio Zazzera, magistrato in pensione ed esperto di storia, cultura e lingua napoletana, oltre che dell’isola di Procida. Il volume “Procida marinara” (edizioni napolitane de il Sebeto), che ha visto anche una ristampa nel 1999, è ormai introvabile nelle librerie ma ripercorre, dagli albori alla fine del Novecento, la storia e la gloria delle famiglie armatoriali procidane e dei bastimenti realizzati sull’isola che hanno girato il mondo insieme ai tanti comandanti e marinai provenienti dalla più piccola delle isole del golfo di Napoli.
Nell’introduzione del volume, Zazzera spiega quale sia l’importanza di questa tradizione ormai perduta, ma che ancora permea il tessuto sociale di Procida, dove tutt’oggi è attivo uno dei principali istituti nautici della penisola, frequentato anche da studenti provenienti dalla terraferma.
È un dato di fatto innegabile che - mentre gl'ischitani si dedicavano all'agricoltura e i capresi a una forma primordiale di turismo - la storia di Procida sia stata realizzata, in terra, dai sacerdoti e, sul mare, dai naviganti (acqua santa e acqua salata», potrebbe dirsi, parafrasando un modo di dire borbonico), poiché sono queste le classi sociali che hanno, sempre, espresso - e, per lo più, continuano a esprimere - le due maniere di manifestarsi della cultura dell'isola, la più originale delle quali finisce per essere, per ragioni fin troppo scontate, proprio l'ultima di esse, E, se, nella contesa con la costiera sorrentina, Procida fu seconda per consistenza della flotta, viceversa, per dimensioni degli scafi essa primeggi, indiscutibilmente, laddove, oggi, e da alcuni decenni, ormai, il mito di Procida marinara vive tra l'«imbalsamazione», per lo più, compiaciuta, del passato e la ricerca - febbrile, quanto vana - di un 'identità per il futuro. La ricostruzione delle vicende della marineria procidana si presenta alquanto difficoltosa, per la complessità della raccolta e dell'organizzazione delle notizie frammentarie, sparse, qua e là, per libri e saggi, ma anche per articoli di giornale e per documenti e manoscritti, spesso inediti, non sempre facilmente accessibili; senza contare il contributo che si trae dalle dissertazioni di laurea dedicate ad argomenti marinari e, perfino, da reperti di cultura materiale - come fotografie, dipinti, tavolette votive, modelli navali -, letti a un livello più approfondito di quello ordinario. Particolarmente prezioso, poi, è l'apporto offerto dalle fonti orali, pur con le ben note difficoltà esegetiche che vi sono connesse (cfr. P. Corsini, Storiografia, Milano 1978, 31 ss.). Tutte queste ragioni fanno comprendere, poi, perché la presente ricerca sia tutt'altro che esaustiva dell'argomento affrontato.
Carlo Zazzera
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