Incomprensioni, conflitti caratteriali, divisione dei ruoli, collaborazione efficace, ansia, stress e gestione delle emergenze. Quanto conta per chi è al comando, saper gestire al meglio se stessi e le persone a bordo?
E' da poco disponibile un’innovativo corso di gestione delle relazioni a bordo,rivolto principalmente a chi assume il ruolo di skipper/comandante durante una vacanza di un weekend, una settimana o più, sia che si tratti di un armatore o di uno skipper che operi privatamente o per conto di società. Approfondiamo poi meglio questo aspetto nell’articolo.
E’ pensato per gruppi da 6 a 12 persone, pochi, per dare la giusta attenzione a tutti. Innovativo perché una parte del corso è online, mentre una è svolta in presenza, momento in cui ci si mette in gioco con situazioni reali, dopo aver appreso ed analizzato gli atteggiamenti dei partecipanti nel modulo online. Pensato da un velista ma gestito (ed è questa la vera novità) da un team di psicoterapeuti clinici specializzati anche nelle performance agonistiche, che a dispetto delle più radicate convinzioni, sapranno mettere chiunque in difficoltà per trarne dunque insegnamento.
Perché fare un corso per gestire le persone a bordo?
Chi si mette al timone di una barca a vela, non deve solo saper gestire un ormeggio con vento al traverso o vele e onde con 40 nodi. E’ noto che la barca a vela sia un microcosmo, dovela coesione del gruppo fa la differenza e dove quindi è fondamentale saper dare indicazioni nel modo e nei tempi giusti, capendo se e quando intervenire nei momenti più delicati, anche durante un’emergenza.
Sia che si abbia più o meno esperienza o al di là delle varie certificazioni necessarie per operare anche come comandante del diporto a titolo professionale (che prevedono infatti formazioni specifiche), l’attitudinegioca quindi un ruolo fondamentale, quella che gli inglesi dell’RYA (Royal Yachting Association) definiscono seamanship. Una parola ascrivibile alla leadership, con un’accezione più allargata all’ambiente in cui si opera: il mare appunto (sea, in inglese).
Questo vuol dire saper gestire prima di tutto se stessi e il proprio stato emozionale, per essere in grado poi di gestire quello di altre persone, fatte ognuna di loro punti di vista, sensibilità, atteggiamenti più o meno difensivi, offensivi ed aggressivi, abitudini, paure ed ansie di vario tipo, che possono nascere a bordo sotto forma di conflitti personali, come ad esempio durante un’ormeggio in porto con forte vento, con un danno allo scafo in navigazione, con il maltempo, in un’emergenza medica o anche banalmente nella ripartizione di ruoli e responsabilità quotidiane.
Tutti sempre vicini H24 nel corso di una vacanza, sia che siano amici, parenti o “clienti” di associazioni, charter o tour operator. Ed ogni segmento ovviamente, con il suo grado di tolleranza e accettazione da conoscere, riconoscere e quindi rispettare.
Situazioni più o meno importanti, che condizionano però le aspettative di chi ha poca esperienza (e dunque potrebbe tornare) ma anche la relazione tra chi ne ha di più (e dunque dovrebbe saper collaborare). Storie di vita comune si direbbe, che nel blog dal nome evocativo “saidisale” noi raccontiamo molto spesso, assieme ai tanti piccoli semplici consigli utili ma soprattutto per far riflettere sul concetto di responsabilitàe buon senso che servono sempre, in ogni situazione. Perchè la vela è uno splendido gioco, da prendere però sul serio.
Al di là quindi delle normative che regolamentano (più o meno bene) questo micro mondo fatto di “comandanti” per diletto o professione, l’attitudine e la capacità di gestire le relazioni diventa altrettanto importante quanto la capacità tecnica. E questo non dovrebbe essere prerogativa solo di chi decide di farlo per professione, perché è un argomento molto importante per chiunque si metta al comando di qualsiasi imbarcazione. La legge della “natura” vale per tutti, a prescindere anche dalla dimensione della barca che si conduce.
Esiste già qualche corso in cui viene insegnato ad esempio a comportarsi in caso di emergenza oppure a relazionarsi con i membri dell’equipaggio. Corsi più o meno professionali e professionalizzanti, gestiti da professionisti e marinai con anni e migliaia di miglia in mare, tutti con punti di vista essenziali, pratici, molto formativi e dunque anche con il giusto importante valore economico.
Punti di vista appunto, personali (salvo casi in cui siano coinvolti formatori professionisti), che nulla hanno a che fare con quelli specifici di chi conosce la mente umana ed i suoi risvolti (gli psicoterapeuti). Un delicato limite, che è facile oltrepassare con pregiudizio e presunzione, a cui non si dà importanza come invece si dovrebbe e si potrebbe fare.
L’attitudine al comando
Fare lo skipper (formalmente il comandante) vuol dire assumersi responsabilità civili e penali, argomento anche questo purtroppo troppo poco approfondito durante i vari corsi patente. Un’attenzione che invece e forse giustamente (dato il poco tempo a disposizione) è orientata al “dettaglio esame”, quando avrebbe forse altrettanto importanza appunto, formare anche il corretto atteggiamento mentale.
Non sempre si consegue la patente nautica dopo anni e miglia di navigazione ma anche fosse, l’attitudine al comando e l’atteggiamento mentale corretto, non sono cose dimostrabili mostrando un pezzo di carta. Un principio che sposta l’asticella da un generico “vorrei ma non posso” a un più sostanzioso “voglio, perché devo”.
Se la capacità tecnica si affina con l’esperienza e la preparazione atletica si forma con l’allenamento, anche l’attitudine ha bisogno di un percorso abilitante che punti al grande obiettivo della consapevolezza, quella necessaria a saper gestire responsabilmente più situazioni. E in barca sono quelle che in certi casi trasformano situazioni critiche in soluzioni efficaci e sicure.
Si parla quindi di autorevolezza e non di autorità, due cose molto diverse, che sappiamo essere la forma mentis di molti. Da non confondere però con la disciplinae la determinazione, che sono invece un sano principio su cui si basa il senso di responsabilità ed il buon senso.
La prima infatti (l’autorevolezza) viene riconosciuta dalle persone, da cui poi emerge la figura del leader, quello che tutti seguono e al quale ci si ispira. La seconda invece (l’autorità) è imposta, una forma di espressione quindi che complica il riconoscimento del valore di certe azioni e distorce il senso di riconoscenza. E da qui nascono poi i vari conflitti, soprattutto nel momento in cui è necessario avere un gruppo unito e coeso, senza quindi quelle stupide fazioni che si generano quando è necessario prendere decisioni impopolari come un cambio di programma, la gestione dei ruoli e delle responsabilità in maniera oggettiva o ben più importante, nell’organizzazione fluida delle persone in caso di emergenza.
Il corso: empowering crew (responsabilizzazione dell’equipaggio)
Il metodo utilizzato è induttivo e partecipativo, strutturato in più fasi e con diversi moduli, sia online che offline, permettendo così a chiunque di organizzarsi nel proprio tempo libero. Un metodo, che può essere poi adattato a più esigenze personali, di gruppo o per elevare gli istruttori a formatori.
In questo primo corso, si approfondiscono gli argomenti basilari, facendo emergere in questo modo i concetti su cui si attivano poi le simulazioni di situazioni tipiche di una vacanza in barca a vela. Un primo approccio al tema certo, per capire però l’importanza di certi atteggiamenti e per trarre quindi spunti e metodi per avviare un cambiamento sostanziale che, potendo contare su un team di professionisti, si potranno poi strutturare in maniera più verticale e approfondita, anche su esigenze personali e specifiche.
Il costo del corso base è volutamente molto contenuto, per diffondere principalmente questa cultura e permettere dunque a chiunque di accedere quanto meno a questo primo livello, offrendo un “margine”anche a chi decidesse di proporlo ai propri soci/clienti, pur rimanendo entro limiti di valore accettabili, considerando il livello di corso proposto.
In questo corso cosa si impara?
- A conoscere se stessi e ad avere consapevolezza delle proprie reali potenzialità
- A relazionarsi pro-attivamente in un gruppo eterogeneo e a riconoscere i segnali di allerta, imparando ad ascoltare
- A comunicare assertivamente, per gestire dissensi e conflitti, di qualsiasi natura essi siano e in maniera “aperta”
- A gestire quindi le emozioni, l’ansia da prestazione e lo stress, anche in caso di emergenza
- A costruire una valida e positiva leadership, imparando ad identificare il tipo di persone con cui si ha a che fare
Il concetto di tolleranza in fondo, è il principio sul quale molti basano le proprie rinunce, senza nemmeno poi provarci. Ed è su questo che si lavora, perchè per mettersi al comando di un’imbarcazione è necessaria una sana consapevolezza del proprio ruolo, delle proprie capacità e potenzialità, necessarie poi a gestire il benessere di tutti, in sicurezza.
Personalmente do molta importanza al percorso di crescita personale, un confronto continuo con se stessi e che il mare sa insegnare molto bene, alla ricerca sempre di quel equilibrio non solo di “forma” ma quanto più di sostanza.
Buon vento!
Per informazioni sul corso: info@saidisale.com
Autore: Aldo Lavezzo
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