Cacciatori di yacht, in mare per recuperare le barche non pagate
Due riminesi recuperano per conto delle banche le imbarcazioni di lusso non pagate
Due riminesi recuperano per conto delle banche le imbarcazioni di lusso non pagate
Rimini - CACCIATORI di barche. Imbarcazioni di lusso, maxi-yacht tra i 50 e i 70 piedi (15 - 33 metri circa) dei quali gli acquirenti non hanno onorato i leasing. Abbandonandole nei porti e nelle darsene di mezzo Mediterraneo. Vengono recuperate e riportate a Rimini, su incarico di banche, finanziarie e società di leasing - alcune nazionali e altre del Riminese e di San Marino - dai titolari di Rimini Service, il cantiere esterno di supporto della darsena Marina di Rimini. Massimo Scagnelli e Alessandro Arfilli, su mandato delle banche o delle società proprietarie degli yacht non pagati, li vanno a recuperare in Slovenia, Grecia, Turchia, Croazia, Montenegro, riportandole in patria.
«Questo è un compito che in genere mi assumo io - spiega Scagnelli - insieme a un marinaio di fiducia. Ciò, dopo che con Alessandro abbiamo fatto un primo sopralluogo per individuare l’imbarcazione, verificandone lo stato, le condizioni dello scafo, del motore, dell’impianto elettrico e dell’elettronica di bordo».
«ANZITUTTO - spiegano - si parte con l’individuazione di dove si trova la barca. Ci è anche capitato di dover investigare per capire dove l’ex (mancato) proprietario l’aveva lasciata ormeggiata. «Poi si passa alla verifica tecnica e al recupero delle barche non pagate lasciate dagli armatori nei porti dell’Adriatico e del Mediterraneo, con i rischi, inconvenienti e a volte anche dispetti veri e propri che rendono difficoltoso il recupero». E proprio su questo fronte che i ‘cacciatori di barche’ non di rado incontrano qualche (sgradita) sorpresa. «Ad esempio - racconta Arfilli - il sabotaggio di un impianto elettrico piuttosto che lo smontaggio di componenti motoristiche, o addirittura ci è capitato di trovare le eliche legate con catene d’ acciaio». Questo tipo di ‘scoperte’ è meno raro di quanto si potrebbe pensare: «Diciamo che capita mediamente nel venti per cento dei casi», aggiunge Scagnelli.
ALTRI aspetti a volte controversi possono riguardare il ‘saldo’ del conto di ormeggio protrattosi a volte anche per qualche anno. Quel conto va a carico della banca o finanziaria, proprietaria dello yacht. Una volta recuperate e riportate a Rimini le barche, viene fatto loro un accurato refitting nel cantiere della darsena. In pratica, tornano (quasi) come nuove. Poi gli yacht, del valore iniziale da nuovi anche di vari milioni di euro, vengono immessi nuovamente sul mercato da broker nazionali ed internazionali per la vendita. Oppure vengono vendute direttamente via web. Diverse barche sono nel piazzale di Rimini Service in attesa di acquirenti. Tra le tante, un Pershing 54’ con due motori Man da 1.100 cavalli l’uno in vendita a 190mila euro. Ma dall’Italia - nonostante le recenti ‘aperture’ del governo rispetto ai siluri al settore venuti da Monti - acquirenti se ne vedono ben pochi. «Nell’ ultimo anno - spiega Scagnelli - è stato soprattutto il Medioriente, a partire dal Libano ma non solo, a offrire prezzi allettanti». Che non sono quelli del mercato dell’usato «pre-crisi» del 2008, ma neppure quelli di una barca abbandonata a se stessa per anni in una darsena o in porto. «Nonostante la crisi che colpisce il settore nautico - dicono i ‘cacciatori’ - promuoviamo iniziative rivolte agli armatori, sia che ormeggino l’imbarcazione nelle nostre darsene sia che si sono trasferiti all’ estero per farli ritornare in Italia».
Mario Gradara
In copertina Sandro Arzilli e Massimo Scagnelli, cacciatori di yacht (Foto Bove)
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