La grande fuga dei marittimi italiani
Di Daniele Motta
Di Daniele Motta
Un paio di settimane fa anche UCINA, attraverso un dedicato comunicato stampa, mette la propria sottolineatura sul problema marittimi che, al dire il vero, da anni meritava – forse – una certa attenzione, almeno mediatica…
Il problema, oggi come ieri, è sempre lo stesso: burocrazia e interpretabilità. Infatti quello che le associazioni di categoria punterebbero ad ottenere è qualcosa che si potrebbe definire come il minimo sindacale.
In particolare questi sono i principali punti:
– l’allineamento dei mesi di navigazione necessari ai fini del rinnovo dei certificati a quanto avviene in Gran Bretagna;
– il riconoscimento della validità della navigazione effettuata su tutte le tipologie di unità sopra le 80 GT (gross tonnage), anche quelle in uso privato, ai fini del rinnovo dei certificati mercantili, purché svolta nella funzione del certificato posseduto o in quella immediatamente inferiore nel grado, similmente a quanto fanno inglesi, francesi, spagnoli, greci;
– il riconoscimento dei corsi di addestramento effettuati nella Comunità europea, necessari al conseguimento e il rinnovo dei certificati di Competenza STCW;
– il riconoscimento della navigazione effettuata su navi battenti bandiera estera, così come fatto da altri Paesi europei;
– la riduzione del periodo di addestramento necessario per le “Funzioni equivalenti”, limitandolo a ventiquattro mesi, cioè una durata pari al doppio dei requisiti minimi previsti dalla Convenzione STCW, peraltro in aderenza alle indicazioni prescritte dal Parlamento;
– l’accettazione di tutte le possibilità alternative all’effettuazione dell’intero periodo di navigazione effettiva necessario ai fini della riconvalida dei certificati, così come vengono fornite dalla convenzione STCW, ad esempio attraverso la frequentazione di corsi di formazione sostitutivi del periodo di navigazione.
Ma in attesa di una rivoluzione che in Italia sarebbe da considerare, stante al modus operandi nostrano, quantomeno fantascientifica i più accorti – da anni – hanno quasi tutti preferito l’emigrazione professionale all’estero, anche di fatto seguendo un certo andamento di mercato che vede, sempre più, meno bandiere italiane, soprattutto nell’utilizzo commerciale.
Dunque la vera soluzione, da parte dei marittimi, è stata, almeno in parte, sposata da tempo.
Come in più occasioni è stato ribadito, ad oggi la miglior medicina per essere competitivi e stabili nel lavoro marittimo è certamente quella relativa alla conversione/riconoscimento dei propri titoli da parte di amministrazioni marittime estere, britanniche in particolare, dove sia l’approccio amministrativo che applicativo delle norme STCW era e rimane il più pratico e tra i meglio applicati al mondo.
Daniele Motta
Perito e Consulente Navale
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