Cenni sulla sicurezza e considerazioni correlate alla tragedia di Rimini
Di Giuseppe Accardi
Di Giuseppe Accardi
Sono stati pubblicati diversi post ed articoli sulle riviste di settore che, riferendosi al naufragio di Rimini, si sono prodigati in istruzioni su come affrontare la navigazione con condizioni meteo estreme, talvolta strumentalizzandole al fine di promuovere dei corsi.
Alcuni corsi sulla sicurezza, che fanno appunto riferimento alla vicenda di Rimini, sono proposti con il seguente programma: navigazione con maltempo e cambi vele, zattera di salvataggio, cosa fare in caso di incendio a bordo, sparo dei fuochi, come recuperare un uomo a mare manovrando in equipaggio ridotto, avarie motore cambio della girante, malfunzionamento di impianti elettrici ecc…
Dalla lettura dei fatti nessuno dei succitati argomenti sarebbe stato utile o avrebbe potuto in alcun modo evitare un così triste epilogo: non si accenna mai alla prevenzione!
La sicurezza ovvero la consapevolezza di quanto si sta’ facendo, della oggettiva finalità della missione e la sistematica analisi preventiva di tutti i componenti di rischio, non può prescindere dalla prevenzione.
Per quanto possibile si dovrebbe sempre evitare il manifestarsi di un evento dannoso, considerando che diventa tale a fronte di una CATENA DI EVENTI fra loro in concorrenza.
Si dovrebbe quindi insegnare come evitare di trovarsi in situazioni meteo incontrollabili, come evitare che si manifesti un incendio a bordo o che un uomo cada in mare. Quando si dovesse manifestare un evento dannoso si dovrebbe parlare ormai di sopravvivenza piuttosto che di sicurezza.
Questo è l’approccio da sempre applicato in ambito aereonautico.
È innanzitutto fondamentale considerare la navigazione non quale evento a sé stante, ma come un SISTEMA complesso al quale si dovrebbe fare riferimento al “MODELLO delle 5 M”, che rappresentano rispettivamente:
- MAN (l’uomo)
- MACHINE (la nave)
- MISSION (la finalità del viaggio)
- MEDIA (l’ambiente)
- MANAGEMENT (la gestione)
Il modello delle 5-M definisce l’intero sistema organizzativo egli elementi che interagiscono insieme, al fine di raggiungere con successo o meno la missione prefissata.
Se il risultato di questa interazione dovesse manifestare criticità, la MISSION si trasforma in INCIDENTE.
Il MANAGEMENT deve stabilire le procedure e le regole che governano l’interazione tra i vari elementi.
In sostanza, per quanto possano essere impegnative le condizioni meteo o le difficoltà di ingresso in un porto, se affrontate con la consapevolezza delle potenzialità del “sistema”, possono rendere l’operazione superabile con successo.
La capacità di saper valutare preventivamente ciascun elemento del modello delle 5 M e quindi dello sviluppo delle matrici di rischio, fornisce a priori preziose indicazioni sull’opportunità o meno di intraprendere il viaggio.
Avvalendoci del modello delle 5M analizziamo l’intera vicenda.
1) MAN: L’uomo al comando: Possedeva, sufficiente esperienza e capacità decisionale quindi la Leadership nell’ambito del gruppo?
2) MACHINE: L’imbarcazione era davvero in ordine? Il serbatoio era stato bonificato?
3) MISSION: Considerando che si trattava di puri diportisti e di un trasferimento lungo, era necessario partire ad ogni costo?
4) MEDIA: Era stata fatta una esatta valutazione delle condizioni meteo, dell’attitudine dell’equipaggio e di una corretta pianificazione del viaggio avendo annotato le traversie di ciascun porto che si sarebbe incontrato durante il tragitto?
5) MANAGEMENT: Il viaggio era stato pianificato affinché vi fossero tutti i presupposti per affrontare la navigazione con serenità?
L’equipaggio era composto da sei diportisti (Avvocati, chirurghi notai ecc…) che volevano trasferire l’imbarcazione da Ravenna a Trapani per trascorrere le successive vacanze estiva.
Si trattava di un viaggio di oltre 800 miglia che, se affrontato da professionisti in un’unica tratta, si sarebbe potuto coprire con 120 ore di navigazione (5 giorni navigando giorno e notte, con condizioni meteo ottimali).
Un equipaggio di non professionisti potrebbe ipotizzare al massimo una navigazione continuativa di 24 ore, con tempo buono, percorrendo al massimo 130 miglia in un giorno.
Una simile navigazione prevede obbligatoriamente un’accurata pianificazione del viaggio, identificando porti sicuri sul percorso, su cui riparare o fare sosta per cambusa e riposarsi.
Ipotizzando di forzare e voler fare il primo scalo a Pescara (150 miglia), un porto intermedio nel quale riparare potrebbe essere stato quello di Ancona (67 miglia).
Le condizioni meteo, già dalla partenza, erano impegnative ma non estreme, pur se erano stati diramati alcuni avvisi di burrasca (forza 6/7 - vento 25/30 nodi), apparentemente non proibitive per un’imbarcazione di 50 piedi.
Non sono chiare le motivazioni per le quali l’equipaggio (o meglio chi al comando) abbia sentito la necessità di prendere comunque il mare quando, considerando l’intera durata del viaggio, un giorno in più od in meno non avrebbe cambiato di molto i progetti.
La decisione di riparare a Rimini (dopo sole 30 miglia), palesa la presa di coscienza di aver commesso un errore decidendo di partire.
La scelta di riparare nel porto di Rimini è stata inoltre azzardata in quanto l’ingresso, se non lo si conosce bene, palesa qualche difficoltà.
La barca ha approcciato l’ingresso del porto con il solo motore e senza vele, pur disponendo di una trinchetta rollabile. Ciò ha agevolato l’imbardata del mezzo con le onde che spingevano da poppa e quando il motore si è piantato non si è potuto avere modo di governare.
Purtroppo è assai frequente che navigando con mare formato le impurità e le mucillaggini che si formano nel serbatoio del gasolio si distacchino dal fondo e vadano ad intasare tubazioni e filtri del circuito, provocando l’arresto del motore. Questo succede, per ironia della sorte, sempre nei momenti più critici. Per questo motivo è buona norma avere sempre un po’ di tela, fino a quando si sia superata con certezza la difficoltà. (rollare la trinchetta all’ultimo istante è una cosa assai maneggevole).
Al timone, in quei frangenti, non c’era il proprietario ma un altro membro dell’equipaggio che non conosceva l’imboccatura del porto e che comunque, in fase di ingresso, non si è tenuto distante e sottovento al molo di ingresso ma gli è passato vicino e sopravvento.
Erroneamente alcuni giornali, a causa di un’omonimia, hanno scambiato un membro di equipaggio con un noto skipper.
Non è noto con certezza se tutti indossassero la cintura di salvataggio ma anche chi l’aveva non è riuscito a salvarsi in quanto è stato sbattuto violentemente sugli scogli o ne è rimasto incastrato.
Anche le prime ipotesi che attribuivano l’incidente alla perdita del bulbo sono state scartate in quanto il bulbo è stato trovato esattamente sotto la barca, incastrato tra gli scogli e distaccatosi a causa dei continui urti sulla scogliera.
Quanto detto deve farci riflettere e ricondurci ad una rigida metodica di prevenzione sistemica e delle preziose indicazioni fornite da protocolli consolidati.
Riconducendosi al modello delle 5M è doloroso verificare quanti e quali elementi siano stati sottovalutati.
Quanto sopra non vuole essere in alcun modo una critica o una vanesia dispensa di sapere, ma un invito a prodigarsi di più alla prevenzione ed abituarsi a fare dei sinistri oggetto di analisi non volte a trovare un colpevole ma a fare cultura affinché simili tragedie non debbano ripetersi.
Giuseppe Accardi
Universo Mare
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